Pubblicato il: 18/07/2019 alle 10:17
Si è concluso con due condanne il processo nei confronti di altrettanti imputati gelesi, rispettivamente padre e figlio, Angelo Bruno e Calogero Greco di 53 e 30 anni accusati a vario titolo di maltrattamenti e lesioni nei confronti di una ragazza con la quale Calogero Greco aveva da anni una relazione sentimentale. Il padre è stato condannato a tre anni di reclusione, mentre il figlio a tre anni e quattro mesi. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Gela presieduto dal giudice Miriam D’Amore.
La vittima, parte offesa e parte civile, assistita dall’avvocato Rosario Di Proietto, davanti al Tribunale ha raccontato il suo calvario. La donna ha detto durante il dibattimento, di essere stata picchiata, minacciata e offesa in più occasioni. Un calvario che andava avanti da anni e che ha avuto il suo epilogo il 13 marzo del 2016, quando la vittima, madre di un bambino avuto proprio con il compagno che la maltrattava, è stata costretta a ricorrere alle cure dei sanitari del pronto soccorso del “Vittorio Emanuele” di Gela per le botte e i maltrattamenti subiti. La ragazza si presentò in ospedale con escoriazioni al collo e con un occhio nero. Dopo aver lasciato l’ospedale, con coraggio si recò in commissariato per denunciare sia il suo ex compagno che l’ex suocero. Per i due imputati, personaggi noti alle forze dell’ordine per via dei loro precedenti penali, venne emesso il divieto di avvicinamento. La donna invece, venne allontanata da Gela per motivi di sicurezza. I due, padre e figlio, erano difesi dall’avvocato Francesco Enea.
Angelo Bruno Greco, lo scorso aprile è balzato agli onori della cronaca, insieme a Cataldo Terminio, perché coinvolto nell’omicidio di un barista di Gela, Giuseppe Failla, avvenuto nel 1988 in piena guerra di mafia. Greco avrebbe fatto da basista. L’indagine venne condotta dai Ros dei carabinieri e coordinata dalla procura nissena. (*DOC*)