Pubblicato il: 08/02/2018 alle 18:23
Sarebbe ancora il boss Giuseppe “Piddu” Madonia, 72 anni, il capo indiscusso della mafia in provincia di Caltanissetta. Nonostante da anni sia detenuto al carcere duro ed un problema alla vista è lui che dal carcere continua a dare ordini e impartisce le regole. Il dato emerge dalla relazione della Dia (si riferisce ai primi sei mesi dello scorso anno) nella quale inquirenti e magistrati fanno l’analisi delle dinamiche criminali e i nuovi obiettivi che le consorterie intendono raggiungere. Una criminalità organizzata che guarda ai nuovi business, in particolare alla vendita all’asta perché “riuscirebbe ad assicurarsi a basso costo – sfruttando i ribassi d’asta e la sostanziale assenza di altri partecipanti – beni immobili di elevato valore, da rivendere, poi, a prezzi di mercato”. Una nuova frontiera imprenditoriale in un’isola colpita dalla crisi economica. Stidda e Cosa nostra (quest’ultima suddivisa nei mandamenti di Mussomeli, Vallelunga Pratameno, Gela e Riesi) continuano nel patto di non belligeranza, ad imporre le estorsioni, a fare affari con l’usura e puntando sul traffico delle sostanze stupefacenti (dall’acquisto alla coltivazione, dalla distribuzione allo spaccio) ma le famiglie prediligono la strategia dell’inabissamento “con una infiltrazione sistematica e silenziosa del tessuto economico-imprenditoriale”.
Obiettivo è “quello di dominare i settori più redditizi, come l’aggiudicazione di appalti e subappalti”. E per evitare la scalata di imprenditori compiacenti o organici alle consorterie, la Direzione Investigativa Antimafia nissena, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia, ha confiscato beni ad un imprenditore della zona del Vallone e il sequestro ad un imprenditore gelese. Il gruppo “Alferi” a Gela – meglio conosciuta come la terza mafia – è sempre a disposizione di Stidda e Cosa nostra ed ha la “delega al compimento di singole attività illecite”.
La mafia cerca di “escludere il ricorso ad eclatanti manifestazioni di violenza” anche se c’è da evidenziare che nei primi sei mesi dello scorso anno “si è registrata una recrudescenza del fenomeno delle intimidazioni (soprattutto mediante incendi, ovvero mediante l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro vetrine e saracinesche) ai danni di attività commerciali, industriali ed agricole”. Le famiglie nissene, indebolite dall’azione di contrasto e di prevenzione, si stanno riorganizzando e “starebbero comunque dimostrando una capacità di reazione, privilegiando l’approccio corruttivo”.