Pubblicato il: 06/11/2018 alle 08:49
Progettare. Dal latino tardo proiectare, ‘gettare avanti’.
Per qualche ragione che non abbiamo mai approfondito, nell’ascoltare il termine “progetto” il pensiero corre automaticamente all’ambiente antropizzato, all’architettura. Come per un riflesso condizionato. Non sappiamo se sia così dovunque nel mondo, o nel resto d’Italia, ma così sembra essere a Caltanissetta.
Così, quando in città comincia a circolare la notizia della disponibilità di fondi pubblici per dare una svolta al suo sviluppo, generalmente l’ambito delle costruzioni scalda i motori. Architetti, geometri, geologi, ingegneri ed esperti di materiali e forniture, sentono di essere chiamati in causa.
Ma, senza nulla voler togliere a queste nobili professioni, questa visione, in cui il concetto di “progetto” viene collegato, se non identificato, con la realizzazione di forme spaziali, siano esse destinate a contenere, accogliere, a proteggere persone o cose, o agevolarne la mobilità, dal nostro punto di vista è riduttiva, quando non dannosa.
È dannosa nella misura in cui circoscrive l’idea di progetto alla semantica tecnica, mentre essa è più generale e vale per qualsiasi ambito della conoscenza, come percorso che, a partire da un’opportuna combinazione nel tempo di date risorse, umane e materiali, conduce agli obiettivi fissati.
Ora, Caltanissetta non difetta certo di capacità progettuali di qualità, nell’ambito di cui abbiamo detto sinora. Non è questo, infatti, il punto.
Il punto è che la città, per via di quella visione che archetipicamente ha sempre privilegiato la progettazione di spazi su tutto il resto, mostra debolezze nel disegnare corretti modelli di funzionamento a valere nel tempo delle iniziative che progetta.
Troppo raramente ci siamo cimentati nell’innescare circuiti virtuosi in ambiti diversi: sociale, commerciale, artistico, culturale o tecnologico.
Per questo diventa prioritario porre un supplemento importante di attenzione e dedizione all’ideazione di modelli di funzionamento, dimensionamento e gestione di quanto intendiamo realizzare, e perché si possa moltiplicare al massimo il valore delle risorse utilizzate.
Pensiamo a far cose per farle funzionare, ancora prima che a farle. Pensiamo a progettare una comunità nuova che per autopromuoversi impari a vedere ogni scelta come tassello per una progettazione di tipo diverso, che abbia come mattoni le persone, come collante il valore sociale e come meta una comunità sana ed efficiente in cui cresceranno figli e nipoti.
Questi sono giorni di profonda riflessione, tra smottamenti, strade devastate, boschi distrutti, vite disperse.
Tra abusivismo e mala gestio dei territori, risorse sprecate e politica “disattenta”, ancora una volta dobbiamo chiederci dove stiamo andando.
Ci piace immaginare che tutto possa ripartire dalle buone pratiche comunitarie, ma anche da un sentimento di sfida e rivalsa rispetto a ciò che la città si è vista sottrarre. Per questo, giorno 17 novembre, per l’intera giornata, saremo all’Istituto Testasecca, per chiedere, a tutti coloro che lo vogliano, di provare a “gettare avanti” un sistema-città che qualifichi i punti di forza dello stare insieme, con impegno, competenza, creatività, coraggio e libertà. I sei tavoli di co-progettazione saranno i seguenti: più sviluppo e lavoro, coordinatore Alberto Carlino; più infrastrutture, coordinatore Giuseppe Fausto Firrone; più parità sociale, coordinatore Davide Capodici; più cultura, coordinatore Giuseppe Giugno; più politiche giovanili, coordinatore Rocco Gumina; più organizzazione amministrativa, coordinatore Andrea Milazzo. Iscriversi ai tavoli è facile: basta inviare una mail a piucitta@gmail.com.
Piero Cavaleri
Presidente di piùCittà