Pubblicato il: 16/01/2020 alle 09:54
Marco Petrini, magistrato in servizio alla Corte d'Appello di Catanzaro, e due avvocati, uno del Foro di Catanzaro e l'altro di Locri, sono stati arrestati dalla Guardia di finanza per corruzione in atti giudiziari. I destinatari dei provvedimenti sono otto, dei quali sette con custodia cautelare in carcere e uno ai domiciliari. Le indagini, avviate nel 2018 e coordinate dalla Dda di Salerno, hanno permesso di ricostruire "una sistematica attività corruttiva" nei confronti del magistrato.
In cambio del suo intervento "per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie – è scritto in un comunicato – sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo", gli indagati promettevano e consegnavano a Petrini denaro contante, oggetti preziosi, altri beni e utilità, tra cui anche prestazioni sessuali. "In taluni casi, i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato e da quest'ultimo promessi e/o assicurati, erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai tribunali del distretto, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado, o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari".
Petrini è presidente di sezione della Corte d'Appello di Catanzaro, nonché presidente della Commissione provinciale tributaria del capoluogo calabrese.
Altra figura centrale del sistema corruttivo era un insospettabile medico in pensione ed ex dirigente dell'Azienda sanitaria di Cosenza. Il medico, secondo quanto emerso, "stipendiava" mensilmente il magistrato per garantirsi il suo asservimento e procacciava nuove occasioni di corruzione proponendo a imputati in primo grado o loro parenti, e a privati soccombenti in cause civili, decisioni favorevoli in cambio di denaro, beni o altre utilità.
Le attività, documentate attraverso intercettazioni audio e video, hanno portato anche alla luce un'azione corruttiva riguardante l'ottenimento di un vitalizio da parte di un ex consigliere regionale, condannato nel 2004 a sei anni di reclusione e ad interdizione perpetua per reati tra i quali 110 e 416 bis, perciò decaduto dal beneficio, ma anche ad agevolare alcuni candidati impegnati per il superamento del concorso per l'abilitazione alla professione di avvocato.
Le indagini hanno inoltre accertato, grazie a ricostruzioni bancarie e conversazioni intercettate, la grave situazione finanziaria del magistrato alla base della sua costante necessità di approvvigionarsi di denaro. Durante una perquisizione nell'abitazione del magistrato, è stata trovata e sequestrata la somma contante di 7mila euro custodita all'interno di una busta. Numerose le perquisizioni condotte nei confronti di altri coindagati, di terzi e di società.