Pubblicato il: 01/02/2024 alle 16:49
(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) È in cerca di armi che i carabinieri s’erano presentati in casa della madre di un pentito riesino. Lo stesso Carmelo Arlotta, che, poco più di un anno addietro, è stato condannato a quattordici anni per un omicidio nel Milanese. Ma alla fine sotto processo, non per armi ma per ricettazione di un mezzo da cantiere, è finita la madre, ora assolta. E, di contro, è nei confronti del figlio collaborante che ora gli atti sono stati inviati alla procura.
Sì, perché l’onda lunga di quella perquisizione, che poi ha trascinato in giudizio la madre, non per armi ma per quel mezzo pesante rubato vent’anni prima a Muggiò, ora ha fatto finire sotto accusa lo stesso collaborante (assistito dall’avvocato Manfredo Fiormonti). Mentre la madre, la settantaduenne Angela Serio (assistita dagli avvocati Carmelo Terranova e Giada Faraci) è stata assolta dal giudice per ricettazione per non avere commesso il fatto. Ma sulla base delle «dichiarazioni auto indizianti» rese durante il processo al genitore, Arlotta s’è ritrovato questa nuova contestazione sul groppone.
È l’8 agosto del 2019 che i carabinieri si sono presentati in casa della madre del collaboratore di giustizia in cerca di un piccolo arsenale. Ma se di armi e munizioni non hanno trovato neanche l’ombra, durante quell’ispezione è saltata fuori una ruspa escavatore, che era stata rubata nel febbraio del 2003 a Muggiò. E il pentito ha poi ammesso che lui e suo fratello Angelo – anche lui collaboratore di giustizia e condannato a 24 anni per lo stesso delitto in Lombardia – quella macchina operatrice l’avevano acquistata nel Monzese. «Poi l'abbiamo portata giù… e dopo abbiamo saputo che la Terna era rubata e l'abbiamo tenuta lo stesso», ha spiegato. E per lui sono arrivati nuovi guai.