(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) Tra «non so», «non ricordo» e pure un’ostentazione di colpevolezza. C’è tutto questo in tre distinte deposizioni, sulla carta chiave, al processo per il delitto del venticinquenne medico sancataldese Aldo Naro, ucciso a botte in un privé della discoteca «Goa» di Palermo la notte di San Valentino di otto anni fa. Tanti vuoti nei ricordi della fidanzata e un amico della vittima, mentre dall’unico colpevole fin qui acclarato, l’allora minorenne Andrea Balsano, buttafuori abusivo di quella discoteca e che ha già scontato la condanna a dieci anni di carcere con il rito abbreviato, è arrivato il mea culpa incondizionato. Al punto da disconoscere intercettazioni ambientali raccolte in carcere con altri detenuti e pure con suoi familiari, che metterebbero in dubbio che lui sia stato solo responsabile dell’omicidio.
Non pochi sussulti, in aula, al processo a carico di tre buttafuori di quella discoteca di via Principe di Scalea teatro del massacro, i palermitani Gabriele Citarrella, Pietro Covello e Francesco Troia (assistiti dagli avvocati Salvino Pantuso, Giuseppe Laudicina, Marcello Consiglio e Antonio Turrisi) accusati di omicidio. E nei loro confronti i genitori della vittima (assistiti dagli avvocati Antonino e Salvatore Falzone) sono parti civili. Con la madre presente in aula con indosso una t-shirt con la foto del figlio e la speranza racchiusa nella frase «giustizia per Aldo Naro».
Della fidanzata della vittima, Simona Di Benedetto, sono state acquisite precedenti dichiarazioni rese durante le indagini e i verbali di deposizione quando ha testimoniato al processo per rissa. Ma nel momento in cui i legali di parte civile hanno chiesto chiarimenti, sono arrivati diversi «non ricordo» e reminiscenze ancor più offuscate. Il giorno dopo il delitto, era il 15 febbraio del 2015, la ragazza avrebbe dichiarato di avere visito Aldo «rannicchiato sul pavimento nel privé, che si proteggeva dai colpi che stava ricevendo». Ma adesso è stato un «non ricordo niente… se l’ho detto allora l’avrò visto». Aggiungendo poi di aver provato a raggiungerlo… poi forse mi hanno spinta, o sono caduta… mi sono risvegliata cercando Aldo, ma l’ho trovato morto fuori».
Di «marasma totale» ha raccontato un amico della vittima, Carlo Lo Maglio, citato come teste. «Io ero in piedi a ballare su un tavolo e Aldo era su un divanetto con la fidanzata… ma c’era molto buio, solo le luce psichedeliche della discoteca e non ho visto nulla… riconobbi solo Carlo La China – altro loro amico – che stava avendo una discussione per i cappellini, da quel momento è stato il marasma, sono arrivate persone e non ho capito più nulla… Aldo era dietro di me ma non ho visto niente, l’ho poi visto fuori, nel giardinetto quando era già morto».
Anche di Andrea Balsano sono stati acquisiti contenuti di precedenti interrogatori, ma ha ribadito a chiare lettere «tutta colpa mia, gli altri non c’entrano nulla.. e forse gli ho dato pure qualche calcio in più». Ma ha tagliato corto su chiarimenti che gli sono stati chiesti in merito ad alcune intercettazioni. A un altro detenuto che gli avrebbe chiesto «chi ti ci ha portato» lui, Balsano, avrebbe risposto con un «serviva a tutti un nome». Mentre, discutendo con i familiari, in carcere, lo stesso ragazzo avrebbe rimarcato «è la prova per vedere quanto valevo io e quanto valevano loro». Ma su ogni intercettazione, Balsano avrebbe liquidato la questione con un «non penso di averlo mai detto».