Pubblicato il: 28/01/2014 alle 09:39
In Italia non è possibile affidarsi alla procreazione assistita, nemmeno se si tratta di coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili. Una questione che divide l’opinione pubblica tra chi prova sgomento che, in un paese evoluto e civilizzato come il nostro, ci sia ancora questo veto e chi, invece, pone la questione su tematiche di tipo etico.
La legislazione italiana con la legge 194 del 1980 concede a una donna il diritto di abortire nel caso in cui il feto sia malato (aborto terapeutico) ma, allo stesso tempo, con la legge 40 del 2004 non aiuta ad evitare la trasmissione di malattie genetiche a coppie con una concreta possibilità di procreare figli malati. L’incoerenza era stata manifestata nel 2012 anche dalla Corte di Strasburgo che aveva anche condannato l’Italia per violazione di due norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
Ad analizzare la validità della legge arriva la Consulta, chiamata a valutare la validità della sentenza emessa dalla prima sezione civile del Tribunale di Roma a favore di una coppia che, rivolgendosi a una struttura sanitaria della capitale, si era vista rifiutare sia l’accesso alla procreazione assistita sia la diagnosi reimpianto. L’aspirante madre, portatrice sana di distrofia muscolare Becker, rifiutata dal Centro per la tutela della Salute della donna e del bambino “Sant'Anna”, non si è rassegnata e si è rivolta al tribunale per ottenere il riconoscimento del suo diritto. Il Tribunale ha stabilito che “Il diritto alla procreazione sarebbe irrimediabilmente leso dalla limitazione del ricorso alle tecniche di procreazione assistita da parte di coppie che, pur non sterili o infertili, rischiano però concretamente di procreare figli affetti da gravi malattie, a causa di patologie geneticamente trasmissibili, di cui sono portatori. Il limite rappresenta un'ingerenza indebita nella vita di coppia”.
Ad oggi, accedere alla procreazione assistita è solo una questione economica: andando all’estero in paesi dove non esistono questi divieti, molti medici praticano queste tecniche senza informarsi della nazionalità di origine degli aspiranti genitori ma, nel caso in cui la Consulta confermasse l’ordinanza del tribunale di Roma la legge 40 sulla procreazione assistita sarebbe abolita e, anche le coppie italiane potranno chiedere l’impianto in Italia.