Pubblicato il: 05/08/2022 alle 14:47
Creare un ponte tra la Polonia e Caltanissetta per aiutare i profughi ucraini non solo ad arrivare in città ma, anche, a poter svolgere un lavoro e impegnarsi in una nuova attività. L’iniziativa è nata da un’idea di padre Alessandro Giambra che nei giorni scorsi si è recato in Polonia, proprio al confine con l’Ucraina, dove ha potuto toccare con mano il dramma che continuano a vivere i profughi. Qui ha incontrato padre Marek Machala, direttore del dipartimento della pastorale delle famiglie dell’Arcidiocesi di Przemysl e pastore diocesano dei migranti, e la volontaria Anna Szpak, i quali sono arrivati a Caltanissetta per conoscere le realtà del territorio e portare la loro testimonianza.
“Adesso al confine aiutano molte vedove, molti orfani – spiega Padre Alessandro – e padre Marek ha la necessità di distribuire queste migliaia di persone che sono ospiti nelle loro strutture, e che non sanno dove andare. Molti di loro sono già andati in Francia, in America. A Caltanissetta vogliamo creare, con il coinvolgimento anche della Caritas, della Croce Rossa, l’Etnos, l’associazione San Filippo Apostolo, e tutti coloro che vogliono mettersi a disposizione, un ponte per fare arrivare persone che non devono essere solo ospitate, ma devono inserirsi. Badanti, cuochi, o altre qualifiche. Quello di cui c’è bisogno sarà comunicato e verranno persone che potranno svolgere questi lavori. La prima accoglienza la faremo noi e dopodiché si creerà una sinergia che porterà questi profughi a inserirsi. Il punto è che loro non hanno questo interesse a venire in Sicilia, perché è lontana dalla loro terra, vorrebbero rimanere lì, ma purtroppo non è più possibile perché le loro case, così come il loro futuro, sono state distrutte”.
A sposare subito il progetto il presidente della cooperativa Etnos Fabio Ruvolo che però ha voluto fare un richiamo alle istituzioni. “Questo modello di accoglienza – spiega Ruvolo – è davvero importante perché più organizzazioni del territorio si uniscono per permettere un’accoglienza diffusa. Apriremo ancora una volta le nostre porte, per i nuovi profughi che arriveranno, mettendo in campo le nostre capacità e competenze. Alla Prefettura, che è stata sempre vicina in termini di relazione, di contatto, chiediamo di riuscire a realizzare quei progetti di accoglienza straordinaria che possano garantire anche i servizi. E quindi il supporto psicologico, la mediazione interculturale, i servizi di inclusione, che già hanno individuato in un avviso di maggio scorso. Adesso chiediamo che vengano attuati questi interventi, così che privato, pubblico e collettività possano rappresentare il modello di accoglienza integrata che diventerà un modello per tutti”.
A raccontare la sua testimonianza padre Marek. “Il nostro programma – spiega il pastore diocesano – per aiutare coloro che soffrono a causa della guerra in Ucraina copre due fasi fondamentali: accoglienza e reinserimento. Riceviamo i profughi nelle condizioni migliori e più ospitali possibili. Li aiutiamo a trovare una condizione più stabile in cui vivere con opportunità di lavoro, scuola, assistenza medica e psicologica e qualsiasi altro supporto di cui dovessero avere bisogno. Si tratta di persone traumatizzate. Ne abbiamo accolti più di 1200 nelle nostre dieci case, qualcuna più piccola altre più grandi. Dalla frontiera arrivano circa 200 persone al giorno e dopo qualche settimana di accoglienza vengono inviate in altri paesi dove possano costruire un futuro. All’inizio molte organizzazioni ci aiutavano, adesso sempre meno. Siamo venuti in Sicilia per cercare nuovi contatti, nuovi posti, per aiutare in maniera concreta con posti di lavoro perché le persone possano sostenersi da sole”.