Mano pesante del giudice per tre giovani che, a sorpresa, in aula avevano confessato di essere gli autori di un assalto in tabaccheria. E nonostante il giudizio con rito abbreviato, le condanne, per loro, sono state severe.
Niente altri sconti, al di la di un terzo della pena come prevede il rito, per tre ragazzi di Riesi a giudizio per rispondere di rapina aggravata.
Sono il venticinquenne Simone Alabiso (difeso dall’avvocato Giovanni Maggio) al quale sono stati inflitti 8 anni di carcere ed i fratelli – ventottenne il primo, trentenne l’altro – Antony Castorina che ha rimediato 10 anni di reclusione per via di suoi precedenti e Michael Stephen Castorina che s’è ritrovato sul capo 8 anni e 6 mesi (difesi dagli avvocati Vincenzo Vitello e Carmelo Terranova).
Questo il verdetto emesso, nel giudizio con rito abbreviato, dal gup Valentina Balbo che, in sostanza, ha accolto le richieste dell’accusa, rappresentata dal pubblico ministero il pm Davide Spina.
Le confessioni dei tre ragazzi, che imprevedibilmente hanno ammesso le loro responsabilità al giudice, hanno finito per fare perdere di consistenza quella che era stata la loro richiesta, ossia l’abbreviato condizionato proprio all’audizione delle parti offese. Una strategia che avrebbe dovuto contrastare la tesi accusatoria.
Le affermazioni di responsabilità sentenziate adesso sono legate alla rapina messa a segno un anno fa ai danni della tabaccheria «Amarú» di via Capitano D’Antona a Riesi. I proprietari non hanno chiesto di costituirsi parte civile.
Era, per l’esattezza, la sera del 26 aprile 2018. È stato allora, poco prima dell’orario di chiusura serale, che due banditi a volto coperto hanno fatto irruzione in tabaccheria. Un terzo sarebbe rimasto fuori, in strada, a fare da “palo”. Un ruolo, questo, che avrebbe rivestito Antony Castorina, mentre gli altri due si sono presentati in negozio. E – secondo la ricostruzione degli inquirenti – Alabiso avrebbe aperto il registratore di cassa, mentre Michael Stephen Castorina si sarebbe preoccupato di tenere a bada i presenti. Sì perché lui avrebbe impugnato una pistola a tamburo. E sotto la minaccia di quell’arma avrebbe intimato ai titolari e ai clienti presenti di non muoversi. Il complice, nel frattempo si sarebbe preoccupato di farsi consegnare i soldi in cassa. Presi 400 euro i due sono fuggiti con il terzo della banda che li avrebbe attesi in strada.
È attraverso un attento e complesso incrocio d’immagini registrate da impianti di video sorveglianza – ricostruendo quello che sarebbe stato il percorso compiuto dai banditi dopo il colpo – che le indagini dei carabinieri si sono poi catalizzate sui tre, che in passato hanno già avuto qualche intoppo giudiziario.
E tre settimane dopo la rapina, a carico del terzetto è stata emessa dal gip Marcello Testaquatra una ordinanza di custodia cautelare eseguita dagli stessi militari. Al momento degli arresti è stata pure trovata dai carabinieri una pistola, una scacciacani a tamburo senza tappo rosso, che sarebbe stata utilizzata per mettere a segno l’assalto. Sarebbe stata in casa di Michael Stephen Castorina. E, per l’accusa, sarebbe stata la stessa che qualche giorno prima Alabiso avrebbe «postato» su facebook. (Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia)