Pubblicato il: 30/08/2021 alle 10:32
Si preannuncia un autunno caldo per governo e Parlamento.Riforma fiscale, liberalizzazioni, delocalizzazioni, ammortizzatori sociali, ma anche revisione del reddito di cittadinanza e sostituzione di Quota 100 sono i nodi da risolvere. Settembre, tra l'altro sarà il mese in cui il governo dovrà completare la prima tranche di riforme annunciate nel Pnrr: la legge delega sul fisco e il ddl concorrenza, attesi a luglio ma rimandati per concentrarsi allora sulla riforma giustizia. L'emergenza Covid ha messo in evidenza la necessità di proteggere tutti i lavoratori allo stesso modo, diffondendo l'idea di un'ammortizzare universale, anche per precari e autonomi.
La necessità di copertura varia in base a come vengono rimodulate le addizionali a carico delle aziende (per settore e dimensione delle attività) ma il costo del pacchetto studiato da Andrea Orlando ondeggia tra i 6 e gli 8 miliardi. Al momento sul tavolo c'è solo una prima dote di 1,5 miliardi derivante dalla sospensione del cashback. Reddito di cittadinanza e pensioni si preannuncia come il terreno di scontro più duro tra M5s e Lega. E le prime schermaglie già si sono viste. Al tempo del governo giallo-verde, il sostegno al reddito e Quota 100 sono state infatti le misure su cui si è retta l'alleanza del Conte 1. La Lega però oggi scalpita di fronte a quello che viene giudicato un sussidio dannoso per il mercato del lavoro. Matteo Salvini ha annunciato che metterà la sua firma sul ddl per l'abolizione e di voler utilizzare le risorse per prolungare Quota 100.
Giuseppe Conte ha chiaramente difeso quella che ha definito "una misura di civiltà": Ma a detta di tutte le forze politiche, anche del M5s, il reddito di cittadinanza necessita effettivamente quanto meno di un tagliando che favorisca le politiche attive, tema sul quale è in programma un tavolo con le parti sociali e il ministro Orlando già questa settimana, il 2 settembre. Il pensionamento anticipato non sarà invece rinnovato, lasciando spazio alla pensione di vecchiaia a 67 anni. Una via poco percorribile per i sindacati, che propongono invece flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica. (Gds.it)