Pubblicato il: 29/10/2022 alle 12:25
Dal 1° novembre entra in vigore la riforma “Cartabia” che il precedente Governo, quello guidato da Mario Draghi, ha voluto che diventasse operativa nel giro di poco tempo. Lo scorso 17 ottobre la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, oltre 200 pagine in cui si danno gli indirizzi operativi prevalentemente sul processo penale e sul diritto di famiglia. Sull’argomento ne abbiamo voluto parlare con l’avvocato Giuseppe Dacquì che durante l'ultima udienza sul maxi processo ad Antonello Montante (ci sono 30 imputati) ha sollevato qualche questione in merito alla norma che entrerà in vigore tra qualche giorno.
Avvocato, una nuova riforma del procedimento penale: più ombre che luci? “Se da una parte il Governo precedente ha voluto dare un’accelerata alla riforma, dall’altro ci ritroviamo uno Stato del tutto impreparato. Sia dal punto di vista strutturale che organico. Saranno tante le difficoltà che sia gli organi requirenti che noi difensori dobbiamo affrontare. Da una parte ci sono le Procure che devono fare i conti con i termini di durata delle indagini preliminari, dall’altra ci siamo noi avvocati il cui compito viene svilito”.
In particolare a cosa fa riferimento? “In fase di Appello la trattazione orale diventa una eccezione e non la regola. Noi avvocati siamo cresciuti con le regole dell’oratoria di Cicerone, l’arte dell’espressione e del dialogo per far valere le ragioni e analizzare le contestazioni che vengono mosse. Tra qualche giorno l’oralità del processo penale non sarà più la regola”.
Ma non è l’unica anomalia… “Si, infatti per presentare l’atto di impugnazione occorrerà allegare la dichiarazione di domicilio dell’imputato e, in caso di sua assenza nel processo, lo specifico mandato ad impugnare. Così per esempio il difensore d’ufficio del latitante Matteo Messina Denaro, in caso di conferma della sentenza di condanna di primo grado, non potrà presentare ricorso in Cassazione se non munito delle dichiarazioni da parte dell’assistito. È un’assurdità che potrà avvenire per chiunque si trovi nelle condizioni di non essere latitante ma assente nel processo”.
Come abbiamo detto lei ha sollevato la questione relativa alla riforma Cartabia nell’ambito del maxi processo Montante con trenta imputati. Andiamo con ordine: il presidente del collegio Francesco D’Arrigo ha comunicato alle parti di avere delle difficoltà a comporre il tribunale per due udienze già calendarizzate (che sono state poi fissate). Lei ha risposto che con la riforma Cartabia non verranno affrontate più le questioni relative alla composizione del tribunale. “Con la nuova legge in qualunque momento può cambiare il collegio giudicante purché l’attività istruttoria sia stata audio-video registrata. Al nuovo giudice basterà vedere le ‘puntate precedenti’ per poi emettere un verdetto. C’è il concreto rischio che un imputato venga giudicato da un tribunale dinnanzi al quale non si è formata la prova quindi non è stata toccata con mano l’intera vicenda processuale”.
Le norme che entreranno in vigore nei procedimenti giudiziari sono diventate leggi, udienze da remoto, notifiche digitali ed anche deposito degli atti. “Non tanto visto che diverse regole tecniche per i depositi, le comunicazioni e le notifiche devono ancora essere regolamentate. Un dato è certo: le impugnazioni dovranno essere presentate personalmente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la sentenza essendo stata abrogata la norma che prevedeva il deposito anche in una cancelleria di qualsiasi tribunale. Prima si parla di globalizzazione, di riduzione delle distanze, ora ci ritroviamo a dover viaggiare in lungo e in largo in tutta la penisola per un semplice deposito in attesa che sia regolamentato. A noi avvocati sembra un’assurdità”.
Ombre e luci di una riforma che fa storcere il naso a magistrati ed avvocati ma che di fatto viene avviata in un ambito, quello della Giustizia, che si ritrova a fare i conti con una scopertura di personale amministrativo elevata e con una riforma – anche dal punto di vista digitale – che lascia a desiderare.