Esimio Sig. Provveditore,
l’ennesimo caso di aggressione perpetrato ai danni della Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale (d’ora in poi C.C.) di Caltanissetta non può che suscitare l’ormai rassegnata sensazione di sgomento e sconforto verso un sistema che negli ultimi anni si è dedicato, con solerte alacrità, al ridimensionamento della dotazione organica dell’Istituto in questione, e riducendo conseguentemente ai minimi termini la forza presente nei vari turni di servizio.
Concitati attimi di tensione sono stati vissuti nelle prime ore del 31 agosto u.s., quando 4 Assistenti di Polizia Penitenziaria (più dei 2/3 della forza presente in quel momento in Istituto) sono stati costretti a ricorrere alle cure dal nosocomio cittadino a causa delle percosse subite da un detenuto extracomunitario, nel tentativo di impedire che lo stesso compisse ulteriori intemperanze con ancor più gravi conseguenze. Enormi responsabilità si ravvisano in capo alla silente Amministrazione regionale, che continua ad assegnare, presso la Casa Circondariale in oggetto, tipologie di detenuti che necessitano di un trattamento personalizzato specifico, che la struttura ricevente, a cause delle peculiari caratteristiche strutturali, non può assicurare in sicurezza.
Con sovente consuetudine le sezioni detentive accolgono ed amalgamano infatti una promiscuità di ristretti, afflitti da svariate difficoltà relative ad aspetti sanitari, psichici, ed appartenenti alle più svariate etnie, religioni: fattori che richiederebbero un notevole sforzo di differenziazione degli interventi e delle attività trattamentali, reso problematico dalla carenza di educatori e di personale addetto alla vigilanza. Il modello organizzativo vigente, basato su un regime a camere di pernottamento aperte, amplifica ed esaspera ampiamente le difficoltà operative della Polizia Penitenziaria all’interno dell’Istituto di pena, rendendo, tra l’altro, impraticabile la gestione dei detenuti con gravi problemi psichici e sanitari, che a causa delle carenze strutturali sono ristretti nelle sezioni detentive comuni.
All’uopo infatti si informano le Autorità in indirizzo che la C.C. di Caltanissetta non è dotata di reparto sanitario o centro clinico, dove i detenuti con particolari patologie psichiche possano ricevere le cure opportune e, soprattutto, potrebbero essere differenziati dal resto della popolazione detenuta. Giova rammentare, altresì, cha al momento presso il predetto Istituto non è disponibile alcun reparto di isolamento, indispensabile per differenziare chiunque si renda responsabile di gravi fatti disciplinarmente e penalmente rilevanti. Conseguentemente i responsabili di atti di sopraffazione e violenze, che hanno turbato l’ordine e la sicurezza dell’Istituto, sono destinati a permanere nelle stesse sezioni a vita comune, a causa della mancanza di un reparto dedicato loro. Ad inasprire il triste scenario descritto, si aggiunge l’insufficiente presenza del personale di Polizia Penitenziaria, ridotto ai minimi termini, e decimato a causa della disastrosa scelta del precedente Governo di depauperare ulteriormente le già carenti piante organiche, con la c.d. legge Madia (discutibile scelta, che disapprovata aspramente da tutte le compagini sindacali del comparto sicurezza). Si appreso, oltre a ciò, che con cadenza quasi quotidiana, un solo Agente sia impiegato per l’espletamento di tutto il turno di servizio in più sezioni detentive site su piani differenti, e che altre postazioni di servizio, di vitale importanza ai fini dello svolgimento delle attività trattamentali, vengono soppresse, triplicando, di conseguenza, il carico di lavoro degli sfortunati di turno.
Va da sé che lo sventurato personale, oltre a subire l’esagerato carico di lavoro, si espone a procedimenti disciplinari, in caso di impossibilità obiettiva, da parte degli addetti alla vigilanza, di adempiere agli assurdi carichi di lavoro loro imposti: a tal proposito, si evidenzia come le critiche condizioni operative in cui gli operatori sono costretti a svolgere la loro attività lavorativa non venga minimamente tenuta in considerazione da chi è deputato a valutare i procedimenti disciplinari, dacché l’Amministrazione è sempre più incline a sanzionare, in antitesi al D.lgs. 449/92, invece che compiangere chi, incolpevolmente, subisce le scelte sconsiderate di chi ha causato cotanto disastro. L’Amministrazione Penitenziaria, che sta vivendo un momento di epocale trasformazione, sponsorizza da anni carceri più dignitose dopo gli ultimi ed irrevocabili richiami da parte di Organismi internazionali, con l’invenzione di forme di vigilanza dinamiche e di nuovi circuiti: promuove nuovi sistemi di vigilanza creando una situazione più favorevole al condannato (in primis maggiore libertà di movimento) a discapito della sicurezza e dell'incolumità fisica e psichica degli Operatori. Non si è tenuto conto anche dell’insufficienza ed inadeguatezza delle strutture penitenziarie nell’affrontare la gestione dei soggetti aventi anche rilevanti problematiche psichiatriche, collocati nei circuiti ordinari degli Istituti penitenziari a causa della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e all’insufficienza numerica e di accoglienza delle strutture esterne appositamente create a tale scopo.
In tali contesti aumentano necessariamente i rischi ed i disagi per gli Operatori penitenziari costretti a lavorare in ambienti lavorativi spesso indescrivibili, e obbligati ad assistere alla progressiva diminuzione degli effettivi, e al silenzioso processo di smantellamento del Corpo di Polizia Penitenziaria, già in atto. Le aggressioni continue al personale non sono quindi frutto del caso, ma inevitabili e prevedibili conseguenze di scelte sbagliate, che testardamente vengono perseverate, nonostante l’evidenza, da chi, invece, dovrebbe tutelare le Forze dell’Ordine presenti negli Istituti penitenziari, e che anzi manda giornalmente allo sbaraglio migliaia di persone ad affrontare situazioni problematiche senza i mezzi e le risorse necessarie ad assicurare la sicurezza e l’incolumità fisica e psichica del Lavoratori.
Nell’esprimere la massima solidarietà e vicinanza agli Operatori aggrediti, con l’auspicio di una prontissima guarigione a causa delle lesioni e dei traumi che hanno riportato, si invita la S.V. a convocare, senza indugio, un tavolo negoziale nel quale dovrà essere discussa e risolta la difficile condizione operativa del personale di Polizia Penitenziaria di Caltanissetta, da troppo tempo lasciato alla deriva. In attesa della Sua convocazione, propedeutica ad avanzare richiesta di fornire un eventuale parere per il Sig. Direttore Generale, che legge per conoscenza, le scriventi anticipano sin d’ora le prevalenti esigenze di personale degli Istituti siciliani, i quali hanno dovuto sopportare una crescita smisurata della popolazione detenuta (apertura di quattro nuovi padiglioni, conversione dell’O.P.G. di Barcellona Pozzo di Gotto in Casa Circondariale, integrazione del personale ai Nuclei della Regione ed altro) senza integrazione di esso, anzi per effetto della c.d. legge Madia si è assistito all’ulteriore depauperamento con un’impercettibile percentuale di differenza rispetto ad altre realtà del settentrione, seppure anch'esse interessate dalla carenza. È evidente che siffatta e penosa condizione lavorativa ha costretto gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria ad un’evidente debolezza rispetto agli standards di sicurezza che dovrebbero insistere nei vari Istituti dell’Isola, esponendo essi a reiterate aggressioni mai vissute prima, che certamente non fa onore all’Amministrazione Penitenziaria e a quanti la rappresentano.
Con la presente si chiede, infine, che S.E. il Sig. Prefetto di Caltanissetta, che legge per conoscenza, nella qualità di unico titolare dell’Ordine Pubblico e della Sicurezza del territorio, possa e voglia incontrare una delegazione composta dai rappresentanti delle scriventi OO.SS. regionali per poterLe spiegare la pericolosità delle condizioni di lavoro, in cui quotidianamente opera la Polizia Penitenziaria. In assenza di interventi risolutivi ci si vedrà costretti ad intraprendere ogni azione di lotta sindacale a tutela della sicurezza e dell’incolumità del personale che le scriventi rappresentano.