Pubblicato il: 27/01/2025 alle 11:01
Un inferno fatto di abusi e maltrattamenti. Di minacce di morte a lei, alle figlie e al fratello. E poi continue umiliazioni. Anni d’incubo. Di sopraffazioni, fino al limite della schiavitù. Almeno quella sessuale, ma non solo. Ma alla fine la giustizia gli ha presentato un conto salato. Sì perché sul capo del “marito violento” è piovuta una pesantissima condanna. E in più dovrà anche risarcirla.
Sono 8 gli anni di reclusione inflitti a un sessantenne di San Cataldo (del quale si omettono volutamente le generalità a tutela delle persone offese) finito alla sbarra per rispondere di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale continuata e aggravata.
Reati che si sarebbero consumati ai danni della sua ex compagna ora cinquantaquattrenne (assistita dall’avvocatessa Donatella Baglio Pantano) costituita parte civile. A lei sono stati riconosciuti, come chiesto dalla difesa, provvisionale e risarcimento danni.
Il suo ex compagno (assistito dall’avvocato Ferdinando Milia), infatti, dovrà sborsare un anticipo, immediatamente esecutivo, di 5 mila euro e, in più, dovrà risarcirla secondo l’entità che verrà poi stabilita in un procedimento civile.
Tra le pieghe della sentenza emessa dal tribunale presieduto da Francesco D’Arrigo (a latere Giulia Calafiore e Giulia Zappalà) è stato pure interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e legalmente per tutta la durata della pena.
Il rapporto sentimentale tra loro è sbocciato nel 2011. Ma tutto sarebbe filato liscio solo per poco tempo. Dopo pochi mesi, infatti, non sarebbero state più rose e fiori. Anzi, sarebbero iniziate le prime vessazioni sia fisiche che psichiche. E in lei si sarebbe innescato anche il timore che potesse accadere qualcosa alle sue figlie. Così da non trovare la forza d’interrompere quella relazione che da subito si sarebbe fatta tossica.
Soltanto otto anni dopo ha trovato il coraggio di alzare la testa e di presentare una denuncia. Poi ne sono seguite altre per quell’incubo senza fine che ha avvelenato per anni la vita di lei e delle sue figlie.
L’avrebbe apostrofata pesantemente dandole del poco di buono, ma con termini assai più coloriti, anche quando la costringeva a rapporti sessuali, nonostante il suo rifiuto e il pianto. L’avrebbe presa più volte a schiaffi, tirandole i capelli, afferrandola per il collo e scaraventandola a terra. Puntandole pure un coltello. E offendendola con frasi del tipo «pezza di fitusa, pezza di lorda, ancora nuddu t’ammazzatu?». E poi minacciando di voler sparare alle braccia di una delle figlie della donna o «devo spaccare le braccia a tua figlia». O, ancora «ora prendo la pistola e andiamo da tuo fratello perché lo ammazziamo». Alla fine il sessantenne è stato trascinato in giudizio e, adesso, è arrivata la condanna.