Pubblicato il: 27/05/2019 alle 18:01
“Trenta milioni di euro per un programma quinquennale relativo allo studio della fase più avanzata delle forme progressive di sclerosi multipla. E’ quanto sta stanziando la “International Progressive Multiple Sclerosis Alliance” (Pmsa) di Londra che ho l’onore di copresiedere”. Lo ha detto nel corso del congresso “Highlights in Neurology”, organizzato dal presidente regionale della Sin Michele Vecchio e in corso a Pantelleria, Giancarlo Comi, Direttore del Dipartimento di Neurologia e dell’Istituto di Neurologia Sperimentale presso l’Istituto San Raffaele di Milano, presidente della European Charcot Foundation e considerato uno dei massimi esperti nel modo nel campo della Sclerosi Multipla.
Professore Comi lei ha parlato delle innovazioni riguardanti la Sclerosi Multipla, quali saranno le cure sia per le forme più gravi che per quelle più lievi.
Questa è una malattia, la più importante in Neurologia, che si è giovata di un cambiamento di orizzonte totale. Siamo passati da una malattia che portava quasi fatalmente alla perdita delle proprie capacità di camminare a una malattia che riusciamo a controllare in modo efficiente nella maggioranza dei casi. Tutto questo è legato anche al grosso rapporto collaborativo che si è venuto instaurando tra i diversi stakeholder, cioè le diverse componenti, le principali industrie farmaceutiche, le associazioni dei malati e i più grandi centri accademici del mondo. Tutto questo è avvenuto in quello che si chiama l’alleanza per le forme progressive della malattia che ho l’onore di copresiedere, la “International Progressive Multiple Sclerosis Alliance” (Pmsa) di Londra, che ha appena lanciato il suo secondo programma quinquennale con investimenti di circa 30 milioni di euro per riuscire a risolvere il problema di quella che è rimasta la componente più difficile di questa malattia che è la fase più avanzata delle forme progressive di malattia. Anche qui sono in atto alcuni studi che stanno fornendo nuovi candidati come potenziali trattamenti per le forme progressive di malattia. Tutto ciò richiede un cambiamento di modello di organizzazione delle sperimentazioni cliniche, degli studenti di valutazione dell’efficacia e proprio attraverso questo aspetto di grande collaborazione noi vogliamo cercare di raggiungere gli stessi obiettivi che abbiamo raggiunto nelle forme a ricaduta e a remissione, e quindi fare sì che il malato abbia una prospettiva molto più rosea per il futuro. Tutto ciò è così realistico che mentre una volta la percentuale di malati che mantenevano la capacità di camminare era minima, oggi abbiamo 50-60% dei pazienti che sono in perfetto e stabile controllo.
Lei prima parlava di una nuova terapia per le forme più gravi, nello specifico di cosa si tratta?
Si chiama la tecnica di riposizionamento dei farmaci per cercare di accelerare queste nuove terapie. Abbiamo messo in atto degli investimenti su alcuni networks di ricerca che hanno già individuato almeno una cinquantina di nuovi candidati terapeutici già utilizzati in altre malattie, per i quali quindi non dovevano più fare gli studi preclinici e sono già pronti per essere poi testati in studi di fase II sui pazienti. Questa è una strategia che al momento viene seguita anche in altre patologie ma da cui noi ci aspettiamo molto.
Quando si avranno le prime risposte?
Questo nuovo piano è un piano quinquennale, ci siamo riuniti a Copenaghen un paio di giorni fa e il piano si propone di portare entro cinque anni almeno due terapie nuove per la cura di questa malattia.