Pubblicato il: 10/05/2019 alle 14:47
Certe notizie annichiliscono e provocano un dolore tale da togliere la parola inducendo soltanto ad un attonito silenzio. Nel caso della morte di Stefano questa naturale reazione deve essere superata per dire al mondo della sua meravigliosa persona e perchè la sua forza d'animo, la sua serietà, la sua immensa dignità restino da esempio ai sopravvissuti.
Ci sono vite che scorrono apparentemente disgiunte dalla nostra e invece sono legate da un rapporto profondo, un retroterra comune di ideali, sentimenti, speranze che come un fiume carsico si inabbissa per lunghi periodi per poi riemergere, impetuoso e travolgente, nei momenti cruciali del nostro percorso. Stefano era un punto di riferimento, un attento e profondo osservatore della nostra realtà, capace di distinguere nettamente il bene dal male e di ispirare e conformare la sua vita e il suo lavoro alla correttezza e all'onestà intellettuale. Conosceva e amava come pochi la nostra Caltanissetta, la sua anima popolare più profonda e autentica, le sue tradizioni, i suoi riti, i suoi personaggi. Si intuiva nettamente dietro il suo motteggiare salace un assoluto riserbo sulla sua vita privata.
Il suo brillante conversare, intessuto da pungenti spunti ironici,rendeva estremamente piacevole ogni incontro ma lasciava,in chi gli voleva bene,un sottofondo di inquietudine dovuto alle domande non fatte per rispetto del suo innato senso del pudore. Nelle occasioni in cui gli ho parlato non ricordo di averlo mai sentito lamentare di qualcosa, quasi che avesse interesse solo per chi gli stava di fronte e non per se stesso. Eppure ne avrà avuto di pensieri, di domande, di mancanze e di angosce, ma non ne ha voluto fare carico a nessuno, pensando, nel suo essere spartano, di non volere pesare sugli amici. In un epoca di disagi urlati, e spesso immotivati, e di scomparsa di ogni compostezza e riservatezza l'immensa dignità di Stefano, che ha voluto essere lieve e amorevole verso chi gli voleva bene, deve rimanere da esempio. Io lo ricorderò sempre alle mie spalle al Palmintelli, nei tempi d'oro della Nissa di cui era tifosissimo, allegro e pronto alla battuta, e non dimenticherò mai le nostre immancabili conversazioni telefoniche pomeridiane, dalle quali traspariva tanto l'amore per la sua terra quanto il crescere di quell'amaro disincanto che ha preso il sopravvento. Che la terra gli sia lieve. (Sergio Iacona)