Pubblicato il: 04/05/2019 alle 10:47
Il colonnello della Guardia di Finanza, Gianfranco Ardizzone (assistito dall’avvocato Giuseppe Dacquì) accusato di far parte del cosiddetto “sistema Montante”, è tornato a protestare la sua innocenza. Lo ha fatto ieri, rendendo dichiarazioni spontanee, nel corso dell’udienza che vede imputati, Antonello Montante e altri cinque imputati e che si celebra con il rito abbreviato davanti al Gup Graziella Luparello. Dopo l’arringa del suo legale di fiducia, protrattasi per oltre cinque ore, l’ufficiale della Guardia di Finanza, già comandante della Dia di Caltanissetta, dinanzi al giudice, ha rimarcato il fatto che tutte le istituzioni, dai vertici della Magistratura agli alti Ufficiali della Guardia di Finanza, gli raccomandavano di stare vicino a Montante nella lotta contro la criminalità organizzata.
Durante la sua arringa, l’avvocato Dacquì, nel chiedere l’assoluzione del suo assistito, ha sottolineato che la cosiddetta “Primavera della rivoluzione industriale nissena” guidata dall’ex leader di Confindustria è stata alimentata e sostenuta soprattutto dalla magistratura nissena che in tutte le occasioni e specie nelle aperture degli anni giudiziari tesseva le lodi per l’attività intrapresa che veniva considerata modello, laboratorio sociale, da asportare in tutto il territorio italiano.
L’avvocato Dacquì ha, tra l’altro, stigmatizzato le dichiarazioni di Alfonso Cicero, ex presidente dell’Irsap Sicilia e teste chiave dell’inchiesta “Double face”, rese al Pm e al giudice che con sorprendente progressione accusatoria ha dichiarato, dopo non averlo mai detto nelle precedenti occasioni in cui si è recato dai Pm, che il trasferimento dalla Dia di Reggio Calabria del Colonnello Ardizzone a Caltanissetta era stata opera di Montante.
Ha evidenziato, altresì, che l’assunzione della figlia del Colonnello Ardizzone al Confidi è stata esclusivamente opera di Marco Venturi, a cui si era rivolto e pertanto senza alcun intervento di Montante o di Romano.
Infine, l’avvocato Dacquì ha sottolineato che non esiste alcun elemento probatorio che dimostri il patto corruttivo siglato, secondo l’accusa, tra Montante e il Colonnello Ardizzone.