Pubblicato il: 09/07/2020 alle 12:46
Antonello Montante al fianco del boss di Serradifalco Vincenzo Arnone. È quello che mostrano gli scatti presentati in aula dal pm Maurizio Bonaccorso al magistrato Nicolò Marino, oggi Gip a Roma, durante la sua deposizione come teste nel processo sul cosiddetto "Sistema Montante" che si celebra col rito ordinario a Caltanissetta nei confronti di 17 imputati. Le fotografie furono trovate durante la perquisizione della casa di Arnone.
Tra gli imputati c'è anche il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo. «Conobbi il colonnello, di cui mi riferirono le grandi capacità, al mio arrivo a Caltanissetta – ha detto Marino che è stato sostituto procuratore della Dda Nissena – e si instaurò subito un importante rapporto professionale e successivamente anche di amicizia. Il giorno che fu eseguita l’operazione "Doppio Colpo", che portò tra gli altri all’arresto di Vincenzo Arnone, furono trovate delle fotografie durante delle perquisizioni a casa di quest’ultimo. Romeo mi telefonò e mi disse che c'erano delle foto che in un primo momento non si potevano acquisire agli atti del procedimento. Io dissi che andavano acquisite subito. Andarono una seconda volta e mi disse che erano state trovate delle foto di Vincenzo Arnone con Antonello Montante e una donna. A me le foto del matrimonio non interessavano, quelle ci potevano stare, mi interessavano quelle in cui i due erano insieme ad Assindustria. In quel periodo – ha aggiunto Marino – tutto ciò che riguardava Montante era tabù. Era diffusa tra i magistrati e le forze dell’ordine la voce che se ti mettevi contro Montante potevi avere conseguenze negative».
«Il colonnello Letterio Romeo – ha continuato Marino – mi chiamò allarmato e turbato dicendo che aveva ricevuto una chiamata da Antonello Montante durante la quale quest’ultimo si congratulava per l’operazione Doppio Colpo e a un certo punto gli disse "ho saputo cosa avete preso, stai attento che ti rompo i denti". Il tono della voce e la scusa della chiamata per le congratulazioni, Romeo la percepì come una minaccia. Di questa chiamata fece una relazione di servizio che consegnò a me personalmente in ufficio. Non come atto da inserire nel procedimento, ma voleva lasciare traccia di quello che era avvenuto a futura memoria. La denuncia di Letterio Romeo non fu mai formalizzata».