Pubblicato il: 20/11/2023 alle 14:41
(Vincenzo Falci, Giornale di Sicilia) È per una sommossa in carcere che sono chiamati sul banco degli imputati. Una decina di detenuti in tutto, di diverse aree della Sicilia, quattro dei quali palermitani a quel tempo reclusi al «Malaspina». Tutti, ora, al cospetto del giudice Giuseppina Chianetta che li processerà per quell’ammutinamento di due anni addietro.
E, per le operazioni preliminari, sono comparsi in aula quattro palermitani, il trentatreenne Pietro Aiello, il trentaduenne Salvatore Verga, il quarantasettenne Pietro Seggio e il ventisettenne Francesco Paolo De Luca, i nisseni, tutti e due trentaduenni, Kristian Michele Guagliardo e Michele Eros Fiandaca, il messinese trentaseienne Carmelo Gerbino ed i catanesi, Cesare Lizzio quarantenne, Pietro Pulvirenti venticinquenne e Sebastiano Lanzafame quarantottenne (assistiti dagli avvocati Antonio Impellizzeri, Maria Francesca Assennato, Ernesto Brivido, Domenico Bellotta, Maximilian Molfettini, Giulio Bonanno, Chiara Maria Russo, Rosario Arena e Mario Collodoro).
A loro il pm Simona Russo ha contestato l’ipotesi d’interruzione di pubblico servizio e, in più, il solo Verga, ritenuto la regia della sollevazione in carcere e capofila del gruppetto, è pure accusato di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. Questo lo scenario che sarà al centro dell’istruttoria dibattimentale per una più che turbolenta vicenda che risale a due anni fa. Era, per l’esattezza, il 22 dicembre del 2021. Quel giorno alcuni si sarebbero rifiutati di entrare nella sala socialità, altri di andare in cortile a passeggiare e poi, un po’ tutti, di entrare in cella. Una forma di ribellione per un precedente procedimento disciplinare legato a un altro episodio avvenuto all’interno della stessa casa circondariale appena tre giorni prima, il 19 dicembre.
In quei frangenti, già spinosi, Verga, da capopopolo avrebbe pure minacciato il comandante di reparto, un dirigente di polizia penitenziaria, che stava tentando di far rientrare la protesta. «Qua voi non comandate, scafazzato che non sei altro, non hai capito niente che ti metto un carcere sottosopra…», lo avrebbe avvertito. E con decisione gli avrebbe pure intimato di tornare indietro sui suoi passi perché ritirasse le contestazioni mosse in relazione ai fatti di tre giorni prima e che erano state al centro di provvedimenti disciplinari a carico degli stessi detenuti.