Filippo Virzì
Sconto di pena in appello per il nisseno Filippo Virzì, il disoccupato che la mattina del 14 settembre del 2012 trasformò il viale Trieste in un Far West, sparando all'impazzata dopo un litigio con tre persone, due delle quali rimasero ferite. Oggi la Corte d'Appello di Caltanissetta presieduta da Sergio Nicastro ha riformato la sentenza di primo grado, infliggendo 3 anni e 2 mesi di reclusione a Virzì a fronte dei 4 anni e 6 mesi irrogati dal Tribunale collegiale che già lo aveva assolto dall'accusa di tentato omicidio. Nel secondo processo sono rimaste immutate le accuse di lesioni volontarie aggravate e porto e detenzione abusiva di arma da sparo contestate a Filippo Virzì, che quel giorno ferì i disoccupati Michele Giarratana, Alfonso Riggi e Fabio Russo dopo aver litigato con loro davanti al bar Messico. La Procura generale, attraverso il sostituto procuratore Fernando Asaro, aveva chiesto ai giudici d'appello la conferma della sentenza di primo grado ma la Corte ha applicato una riduzione delle pena così come chiesto dall'avvocato Davide Anzalone, difensore di Virzì.
L'imputato si era incontrato con Giarratana, Riggi e Russo perché – secondo quanto emerso dalle indagini della Squadra Mobile – li riteneva responsabili di averlo tempestato di telefonate minacciose a tutte le ore del giorno, tanto da sporgere querela che gli altri volevano convincere a ritirare. Ne nacque un violento battibecco, fin quando Virzì tirò fuori la pistola calibro 7,65 e sparò, ferendo alle gambe Riggi e Russo mentre Giarratana – che insieme allo sparatore anni prima erano stati arrestati in un blitz su truffe alle finanziarie – riuscì a sfuggire alle pallottole, scappando a piedi verso la Questura. Alcuni proiettili esplosi dall'arma impugnata da Virzì centrarono la vetrata di un panificio. Filippo Virzì risalì sulla sua auto scappando verso Riesi e durante il tragitto – dopo aver contattato sul telefonino un ispettore della Squadra Mobile – incrociò sulla Ss 626 una pattuglia dei carabinieri che gli intimò l'alt e lo inseguì fin quando non riuscirono a bloccarlo, arrestandolo. Fu in quel frangente che Virzì, stando al suo racconto, si sbarazzò della pistola gettandola dall'auto in corsa. E nonostante lui sia ritornato nelle campagne con gli investigatori, la pistola non è mai stata ritrovata. Il Tribunale però riconobbe la tesi della difesa, ossia che Virzì non aveva l'intenzione di uccidere Giarratana e gli altri due, scagionandolo dall'accusa di tentato omicidio “perché il fatto non sussiste”. FOTO DA IL FATTO NISSENO