Pubblicato il: 24/03/2014 alle 10:55
Alla fine della fiera saranno passati diciotto anni – in media un anno ogni 3 chilometri e mezzo – dall'avvio dell'iter della progettazione fino al completamento dei lavori per il raddoppio della strada statale 640, la più importante opera pubblica realizzata negli ultimi 50 anni nell'area centro-meridionale della Sicilia.
Il ritardo sulla tabella di marcia è di circa due anni, sia per quanto riguarda il tratto agrigentino sia per quanto riguarda il tratto nisseno. La buona notizia è comunque che – secondo quanto ha assicurato l'ingegnere Pierfrancesco Paglini della Cmc di Ravenna che guida i consorzi di imprese per i lavori di raddoppio – entro l'estate il tratto agrigentino sarà interamente percorribile a doppia corsia, mentre nel tratto in provincia di Caltanissetta bisognerà attendere il 2016.
Ritardi che sono stati causati da qualche contenzioso tra ditte e contraente generale, dalla crisi finanziaria che ha colpito il nostro Paese con il blocco, a un certo punto, del trasferimento dei fondi dal Cipe all'Anas e dunque alle imprese, ma anche dal fatto che lungo i 60 chilometri di cantiere il sabato e la domenica non si lavora.
Eppure al termine dei lavori non solo Agrigento potrà essere collegata all'aeroporto di Catania in un'ora o poco più – con ricadute dal punto di vista economico e sociale non indifferenti – ma molti dei paesi dell'entroterra nisseno avranno un asse di collegamento con il territorio di primaria importanza. Non è infatti un caso che, in occasione di una delle tante cerimonie di inaugurazione di tratti, viadotti e cantieri, il ministro agrigentino Angelino Alfano non senza enfasi parlò «di opera più importante dopo il Tempio della Concordia». Diciamo che forse però i greci impiegarono un po' meno tempo.
I lavori nel tratto agrigentino dovevano essere ad esempio conclusi nel luglio del 2012. Ora il contraente generale ha indicato quale data la prossima estate perché «le difficoltà sono superate e si sta lavorando per il completamento definitivo dell'opera». Al momento l'attività è concentrata sul rettilineo di Racalmuto, uno dei tratti più importanti delle opere che ancora restano da concludere. «Prima dell'estate – ha spiegato l'ingegnere Paglini – sarà pronto il tratto che riguarda il rettilineo di Racalmuto e il tratto nei pressi del bivio Caldare. A quel punto l'asse principale sarà percorribile completamente. Resteranno da ultimare il tratto di contrada Petrusa e alcune strade di accesso». Comunque sia, rispetto a cinque anni fa quando fu dato avvio ai lavori di raddoppio della parte agrigentina la situazione è migliorata moltissimo soprattutto dal punto di vista della sicurezza. E dire che a un certo punto si era temuto il peggio perché per diversi mesi i cantieri si erano bloccati: «Ci sono state difficoltà legate ai trasferimenti da parte del Cipe – spiegano da Ravenna – ma sono problemi ormai superati».
Per la parte nissena bisognerà attendere ancora diversi mesi prima di vedere anche alcuni tratti già percorribili: «Ma fra due anni – ha annunciato l'ingegnere Paglini – anche il tratto nisseno sarà pronto». Ed è infatti qui che viene profuso lo sforzo maggiore, con quasi 1.500 persone coinvolte a vario titolo nella realizzazione dell'opera (e di questi oltre 1.200 sono agrigentini e nisseni). La parte più spinosa è la galleria “Caltanissetta” che passerà sotto la collina di Sant'Elia bypassando la città.
«Ci sono le normali difficoltà tecniche – ha spiegato Paglini – che si incontrano quando si realizza una galleria importante in situazioni geologicamente complesse come quelle che caratterizzano il territorio nisseno. Con noi lavorano professionisti che hanno contribuito in passato alla realizzazione, con queste tecnologie, di importanti opere di tunneling come nel caso delle metropolitane di Madrid, Siviglia, Torino, Milano o Roma».
Lavori talmente importanti e con un volume finanziario enorme – l'intero tratto costerà alla fine quasi 1,5 miliardi di euro – che non poteva non attirare l'attenzione della criminalità organizzata. Una circostanza confermata ad esempio dai “pizzini” sequestrati nel covo in cui si nascondeva il boss latitante Gerlandino Messina con precisi riferimenti proprio ai lavori di raddoppio della statale 640. Ci si prova a difendere dalle infiltrazioni con i protocolli antimafia siglati in Prefettura. «Si tratta di un modello – dice Paglini – che stiamo utilizzando anche nella maggior parte dei cantieri che abbiamo in Sicilia e non solo, che ci consente di disciplinare le attività di prevenzione ed evitare i tentativi di infiltrazione della criminalità. Per questo abbiamo creato un ufficio apposito che si occupa degli accessi delle persone e dei mezzi, degli accertamenti periodici delle ditte impegnate, dei controlli nelle aree di lavoro e negli oltre ottanta varchi di ingresso che vengono monitorati giorno e notte».
Articolo di Fabio Russello pubblicato su La Sicilia di oggi