Pubblicato il: 11/11/2014 alle 16:53
“Rientra nella strategia mafiosa cercare di trovare una trattativa con le istituzioni. Non è una novità, questa, piuttosto è una novità il tipo di risposta che lo Stato intende dare”. E' l'analisi di Luciano Violante, ex presidente della Camera, sentito come testimone a Roma dalla corte d'assise di Caltanissetta che sta celebrando il quarto processo per la strage di via D'Amelio. “Io non ho mai sentito parlare – ha detto Violante citato dalla procura come ex presidente della Commissione antimafia nel '92 – di una trattativa tra Stato e mafia in senso politico. Diverso e' il tipo di scambi che possono esserci stati a livello investigativo da parte di chi, sia esso carabiniere o poliziotto, negoziava per avere dal mafioso informazioni e notizie da sfruttare per eventuali arresti. Quando ci furono le bombe senza vittime a Milano e a Roma nel '93 – e' il ricordo di Violante – io parlai di bombe di dialogo perchè è sempre accaduto che la mafia cercasse rapporti con lo Stato”.
Violante ha quindi spiegato che all'epoca esistevano voci circa l'appartenenza dell'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino alla linea moderata del boss Bernardo Provenzano piuttosto che a quella dura che faceva capo a Totò Riina. Quanto al black out del 27 luglio del '93 quando a Palazzo Chigi saltarono le luci e non funzionarono i telefoni, Violante ha affermato: “Ricordo che si parlò di un tentato golpe. Credo che la mafia non abbia mai avuto un interesse a governare, piuttosto il suo scopo è intimidire e condizionare le istituzioni costringendo lo Stato a trattare”.