Pubblicato il: 03/02/2020 alle 10:57
"Io non ho mai partecipato a una riunione, a un incontro tra colleghi in cui si facesse riferimento sulle indagini, di cui sapevo solo dalle cronache dei giornali, fino al novembre 1994. Siamo a due anni e sei mesi dalla strage di via D'Amelio, quello che io considero l'inizio di un possibile depistaggio con il furto del'agenda rossa. Sono arrivato a Caltanissetta nel novembre del 1994. E non mi occupavo delle indagini su via D'Amelio. Due anni e 4 mesi dopo dall'arresto di Vincenzo Scarantino mi è stato chiesto ad occuparmi delle stragi del 1992 e delle indagini di via D'Amelio. Nonostante questo – unico del pool stragi – mi occupavo anche delle indagini ordinarie. Non mi sono mai occupato del cosiddetto Borsellino 1 e neanche del bis, che seguo solo in dibattimento. Ho seguito tutto l'iter del Borsellino-ter". Lo ha detto il consigliere del Csm Nino Di Matteo, ex sostituto procuratore a Caltanissetta negli anni post stragi del 1992, deponendo al processo sul depistaggio alle indagini sulla strage di via D'Amelio, in corso davanti alla Corte di assise di Caltanissetta.
Imputati di calunnia aggravata tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex componenti del gruppo "Falcone-Borsellino" della Squadra mobile di Palermo che si occupò di gestire Vincenzo Scarantino, rivelatosi poi un falso pentito. Indagati invece a Messina di reato connesso i magistrati degli ex pm della procura nissena Annamaria Palma e Carmelo Petralia che hanno deposto nelle scorse settimane. "Il primo incarico mi fu dato ufficiosamente. Mi chiamò l'allora capo della procura Gianni Tinebra – ha proseguito Di Matteo – dicendomi che sarebbe stato opportuno che sentisse un magistrato che non si era occupato di questi fatti, leggendo i verbali di Scarantino, che al quarto o quinto verbale, aveva aggiunto i nomi di alcuni collaboratori che non avevano mai parlato di questi fatti". (AGI)
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