Pubblicato il: 11/02/2025 alle 07:53
Illustre Presidente Sergio Mattarella,
ci rivolgiamo a Lei, certi di essere ascoltati e compresi non soltanto in virtù del Suo ruolo istituzionale. Lei, infatti, conosce l’atroce dolore provocato dalla perdita violenta di un proprio caro e l’angoscioso stato
d’animo di è costretto a cercare per molti anni la verità con il rischio di non trovarla. Siamo Rosario Naro, Anna Maria Ferrara e Maria Chiara Naro, genitori e sorella di Aldo Naro che il 14 febbraio 2015, esattamente dieci anni fa, è stato barbaramente assassinato all’interno della discoteca, ubicata nel quartiere Zen di Palermo. Aldo si era da poco laureato in Medicina con il massimo dei voti e la lode, era già abilitato all’esercizio della professione e desiderava specializzarsi in cardiologia. Da allora chiediamo e aspettiamo giustizia.
All’immane dolore per la perdita di nostro figlio, che aveva appena compiuto venticinque anni, si è aggiunto lo strazio di dovere affrontare un vero e proprio calvario giudiziario. Purtroppo la vicenda di Aldo è stata segnata fin dall’inizio non solo dall’omertà dei testimoni oculari dell’omicidio (compresi gli amici e la
fidanzata) ma anche e soprattutto da fatti gravi, ingiustificabili e per certi aspetti inquietanti. Solo grazie alla nostra ostinazione e al lavoro svolto dai nostri avvocati, Salvatore e Antonino Falzone, siamo riusciti a fare aprire le indagini per omicidio volontario a carico di tre soggetti, oggi imputati innanzi alla Corte d’Assise di Palermo in un processo che volge al termine.
In ogni caso abbiamo la percezione che la nostra domanda di giustizia – incessante ma sempre rispettosa delle istituzioni – rappresenti un fastidio per alcuni rappresentanti della Istituzioni stesse. Spesso pensiamo di essere stati lasciati soli dallo Stato, anche da un punto di vista umano. Fin dall’inizio, salvo rare eccezioni, abbiamo sperimentato un senso di abbandono e di assurda ostilità nei nostri confronti. Uno dei pubblici ministeri titolari dell’indagine, il dott. Marzella – a fronte di alcune nostre critiche (poi rivelatesi fondate) sulle indagini – ci ha messo alla porta urlando, senza mostrare alcuna umana pietà. A ciò si aggiunga che l’allora procuratore di Palermo, dott. Lo Voi non ha voluto riceverci nonostante le nostre accorate richieste. Spiace dovere affermare che ancora oggi, quando entriamo in aula, nessun giudice ci degna di uno sguardo o di un cenno di saluto
Dicevamo che la storia di Aldo è costellata da troppe anomalie. La prima delle quali è che la Procura di Palermo ha perseguito soltanto il minorenne reo confesso e non anche gli altri indiziati dell’assassinio di
nostro figlio, massacrato a calci da più persone. Come ha scritto in una sua bella inchiesta il giornalista Attilio Bolzoni, ci sono state “inspiegabili incertezze della procura”. L’indagine è stata “quanto meno incompleta e frettolosa”. Troppe “lacune investigative e aspetti inquietanti. Anche se tutto era ben fissato in un’informativa dei carabinieri di 191 pagine, i magistrati titolari dell’inchiesta hanno preferito circoscrivere le responsabilità al solo minorenne reo confesso”, amico fidato di esponenti della mafia dello Zen, il quale, intercettato in carcere mentre parlava dell’omicidio, affermava: “Ma se gli serviva a tutti il nome?”. Secondo i carabinieri, “Balsano confermava di essersi consegnato per dare un nome all’autore del fatto, lasciando così intendere che lo stesso aveva dovuto sottomettersi alla volontà di terze persone”. Eppure la Procura ha ritenuto di non dovere indagare nessun altro soggetto! Anzi, a fronte di una nostra denuncia per omicidio, i
magistrati di Palermo hanno aperto un procedimento contro ignoti e ne hanno chiesto l’archiviazione scrivendo testualmente che “nel corso delle indagini avviate presso questa Procura non è emerso alcun coinvolgimento di persone maggiorenni nell’omicidio del giovane medico”.
È stato un Gip, Filippo Serio, a ordinare alla Procura di iscrivere nel registro degli indagati tre soggetti maggiorenni per il reato di omicidio volontario. Gli siamo grati. Così come siamo grati al dott. Fernando
Sestito, un altro Gip che all’inizio delle udienze non mancava mai di stringerci la mano e che, alla fine del processo per rissa aggravata, non ha esitato a trasmettere gli atti in Procura per i soggetti maggiorenni
implicati nell’omicidio. Uno di questi in particolare, Gabriele Citarrella, già in sede di sommarie informazioni aveva ammesso il proprio coinvolgimento nella vicenda affermando di avere colpito nostro figlio.
Eppure la Procura non l’ha mai indagato neanche per il reato di rissa (se non quando il delitto si è prescritto). Chissà perché…
Facendo ancora un passo indietro, dobbiamo ammettere che purtroppo, frastornati dal dolore abbiamo commesso l’errore imperdonabile di non nominare un consulente medico di parte al momento dell’autopsia. Il consulente della Procura che ha eseguito l’esame, il prof. Paolo Procaccianti, non ha avuto alcun dubbio: nostro figlio sarebbe morto a causa di un solo colpo. Guarda caso, dopo pochi giorni, si consegnava il minorenne Andrea Balsano dichiarando di avere sferrato un calcio alla nuca di Aldo. Al Policlinico “Giaccone” fu effettuata anche una Tac, ma il prof. Procaccianti non ha mai depositato il dischetto nel fascicolo del pubblico ministero e – cosa ancora più inquietante – quella Tac è sparita dall’archivio informatico del Policlinico.
Pensando di aver perso ogni speranza di dimostrare che Aldo era stato brutalmente massacrato da più persone, con la forza della disperazione, abbiamo deciso di pubblicare sui social le foto del cadavere martoriato del povero Aldo. Certo un gesto estremo, il nostro, che Dio solo sa quanta ulteriore sofferenza ha arrecato alla nostra famiglia. Come se non bastasse abbiamo dovuto sopportare lo strazio della
riesumazione del cadavere di Aldo per sottoporlo a una nuova Tac e a una nuova autopsia.
I nuovi accertamenti hanno sconfessato le conclusioni del prof. Procaccianti e confermato la tesi che abbiamo da sempre sostenuto. Altro che un solo calcio! Aldo è stato massacrato da più colpi che hanno
provocato una devastante emorragia cerebrale, oltre a numerose, ulteriori gravissime lesioni. Abbiamo inoltre chiesto alla Procura di sentire due pentiti che, dopo l’omicidio di Aldo, hanno raccontato dei rapporti tra i proprietari dei locali notturni e la mafia. Peraltro è stato accertato che i proprietari della discoteca Goa, i fratelli Barbaro, iscritti ad Addio Pizzo, si rivolgevano alla famiglia mafiosa dello Zen per assoldare buttafuori abusivi in occasione delle serate danzanti, compresa quella in cui ha perso la vita nostro figlio. Ma anche questa nostra richiesta sembra essere rimasta inascoltata. Così pure la nostra istanza di far luce su quanto riferito ai carabinieri da una fonte confidenziale secondo cui la notte dell’omicidio “svolgevano le mansioni di buttafuori al Goa due soggetti appartenenti al corpo di Polizia di Stato”.
Paradossale appare poi la vicenda che riguarda la trasmissione televisiva “Le Iene”. Nel 2019 i giornalisti Ismaele La Vardera e Massimo Cappello avevano cominciato ad occuparsi del caso di Aldo Naro. Dopo avere intervistato molti testimoni presenti la notte del delitto e anche uno degli attuali imputati per omicidio (al quale hanno chiesto se fosse parente di magistrati), gli stessi hanno subito un’aggressione fisica da parte del fidanzato di una testimone. Non solo il programma stranamente non è più andato in onda, ma è notizia delle ultime settimane che la Procura di Palermo ha rinviato a giudizio Ismaele La Vardera proprio in ragione delle semplici domande poste nel corso dell’intervista su Aldo. Siamo ora arrivati alle battute finali del processo per omicidio a carico di tre buttafuori. Eppure l’amarezza continua a prevalere sulla speranza.
Infatti il presidente della Corte di Assise che ha seguito il processo e ha potuto ascoltare e osservare direttamente tutti i testimoni, guardandoli negli occhi, è stato trasferito a dibattimento quasi chiuso. Immaginiamo che il lavoro del nuovo presidente sarà immane, dal momento che dovrà leggere migliaia di pagine di verbali e vedere ore e ore di videoregistrazioni di esami testimoniali. Ma non è finita: qualche giorno fa, a pochissime udienze dalla requisitoria, il PM che ha seguito il processo fin dalla prima udienza, il dott. Enrico Bologna, l’unico sostituto procuratore che ci ha dimostrato vicinanza, è stato trasferito a Caltanissetta. Illustre Presidente siamo davvero stanchi, sfiduciati e arrabbiati. Ma non abbiamo intenzione di fermarci. Finché saremo in vita, ci batteremo in tutte le sedi per avere giustizia, per conoscere la verità e per far sì che Aldo possa finalmente riposare in pace. La preghiamo di perdonare questo nostro amaro sfogo. Voglia gradire i più rispettosi ossequi.
San Cataldo, 10 febbraio 2025.
Rosario Naro
Anna Maria Ferrara
Maria Chiara Naro