Pubblicato il: 03/11/2014 alle 09:38
«Continuo in maniera diversa ad appassionarmi e a cercare la verità». Suor Ines Talignani, nata a Brescello, vissuta a Scandiano, oggi a Sassuolo, ha avuto due vite. In quella attuale, dopo l’ultimo “capitolo” è stata scelta dal vescovo di Reggio Massimo Camisasca, come “Sorella maggiore delle Carmelitane minori della carità”, il che significa che è il punto di riferimento di tutte le “sorelle” che operano nelle Case della carità, in Italia e nel mondo. Ma nella vita precedente, non molto tempo fa, suor Ines era un magistrato e non un magistrato qualunque.
Completati gli studi ha svolto due anni di “uditorato giudiziario” a Bologna e dal 1989 al 1992 ha avuto il suo primo incarico in magistratura: sostituto procuratore della Repubblica a Caltanissetta, presso la Pretura circondariale e applicato alla Procura di Gela. Suor Ines era uno dei “giudici ragazzini”, come li definì il presidente Cossiga, magistrati di prima nomina inviati nelle terre più difficili della Sicilia che si trovava nel pieno della guerra fra Stato e mafia. Fece il corso di formazione del Csm sulla criminalità organizzata a Roma con docente Giovanni Falcone, che conobbe in quell’occasione, passò in Sicilia la fase più calda, dall’omicidio di Rosario Livatino ad Agrigento, alle stragi di Capaci e via D’Amelio.
Chiarisce subito, suor Ines, che i fatti tragici a cui ha assistito in Sicilia non hanno determinato la sua scelta di prendere l’abito: «Le due strade si sono incrociate in modo naturale. A Scandiano con un altro ragazzo ci occupavamo dei giovani e abbiamo incrociato la realtà delle Case della carità. Vedere questa tavola aperta a tutti, questa famiglia allargata con naturalezza a persone svantaggiate o sfortunate, che ha intorno tanti amici, che vive di provvidenza, mi ha disturbata, interrogata, affascinata, in definitiva mi ha parlato direttamente del Vangelo e questa sensazione mi è rimasta dentro. A quel punto avevo già vinto il concorso in Magistratura e stavo cominciando i due anni a Bologna, ma poi questa vocazione è tornata a bussare. Non sono due parti della mia vita in contrapposizione, non ho scelto questa vita per scappare dall’altra, sono due momenti che si sono intrecciati e hanno determinato il mio percorso».
Il pensiero di Suor Ines va indietro a quegli anni difficili in Sicilia, all'epoca martoriata da stragi e contaminazioni mafiose. «La sensazione era propriamente quella di una guerra, specie dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, che possiamo considerare veri e propri atti di guerra verso lo Stato. Infatti partì l’operazione Vespri siciliani e ho il nitido ricordo del carrarmato dell’esercito nel piazzale del Tribunale. Io ero sostituto procuratore presso la Pretura, quindi mi occupavo dei reati minori e non avevo scorta. Ma Caltanissetta, che sta al centro della Sicilia, era spesso scelta come sede processuale per reati commessi nelle città vicine, Palermo su tutte. A Gela invece eravamo applicati perchè all’epoca la Procura non aveva nemmeno un organico fisso. Col sistema di allora queste erano sedi che diventavano spesso vacanti. Tanti facevano domanda di trasferimento, non tanto per paura, quanto per avvicinarsi a casa. Anche io avevo fatto domanda e ottenuto il passaggio a Piacenza, ma non ci sono mai arrivata. Sono stata consacrata nel 1995».
«Non definiamo carriera la mia posizione odierna, per carità, qui si parla di servire, si viene scelti per un compito che ti è assegnato, non c’è potere né posizione, ci si avvicina al compito con un’ottica esclusivamente di servizio. La carriera precedente è finita, la cosa non mi ha pesato, è una scelta che dovevo fare. Non è stato semplice da accettare per mia madre. Aveva solo me, mi aveva mantenuto agli studi e ha faticato ad condividere la mia scelta di lasciare la Magistratura. Alla fine lo ha fatto, negli ultimi anni è stata qui alla Casa di Sassuolo a causa di un male che l’ha resa non autosufficiente. Èmorta qui con me lo scorso aprile».