Pubblicato il: 11/11/2019 alle 15:46
L'ex premier Silvio Berlusconi, citato come teste assistito davanti alla Corte d'Assise d'Appello che celebra il processo di secondo grado sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'ex presidente del Consiglio ha negato anche il permesso di farsi riprendere e fotografare in aula.
Berlusconi è indagato nel procedimento aperto dalla procura di Firenze sulle stragi mafiose del 1993 e, citato dalla difesa di Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado a 12 anni.
Appena entrato in aula i giudici gli avevano illustrato le prerogative garantitegli dallo status di teste assistito, status determinato dal fatto che a suo carico pende una inchiesta a Firenze sulle stragi del '93, quindi su fatti "probatoriamente collegati" a quelli oggetto del processo "trattativa".
La corte, dunque, ha preliminarmente avvertito l’ex premier della possibilità di non rispondere precisando, inoltre, che qualora avesse risposto avrebbe assunto "l'ufficio di testimone", quindi avrebbe dovuto dire la verità. In aula c'erano anche i legali dell’ex premier, gli avvocati Franco Coppi e Nicolò Ghedini. "Su indicazione dei miei legali, mi avvalgo della facoltà di non rispondere", ha detto l’ex premier alla corte.
Nell'aula bunker intanto controlli più intensi da parte di polizia e carabinieri e il ritorno anche della stampa nazionale.
La difesa di Marcello Dell’Utri ha chiesto di proiettare in aula, prima della deposizione dell’ex premier, una video intervista dell’ex Presidente del Consiglio in cui, dopo il verdetto di primo grado, dichiarava che il suo Governo non aveva mai ricevuto minacce mafiose.
La Procura generale si è opposta alla richiesta: "Questa è un’aula di giustizia, non uno studio televisivo" ha detto il pg Giuseppe Fici. La corte si è poi ritirata in camera di consiglio per decidere.