Pubblicato il: 16/06/2015 alle 10:46
La bulimia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare. La psicologa Alessandra Campanella, esperta dell’associazione Controluce, spiega che l’etimologia greca della parola ci da qualche informazione sulle caratteristiche di questo disturbo: la parola bulimia è composta da due termini –bous- bue e –limòs- fame, quindi letteralmente “fame da bue”.
Il termine rimanda a questa accezione della “fame” perché una manifestazione sintomatica tipica della bulimia è proprio quella delle abbuffate ricorrenti. Coloro che soffrono di questo disturbo, dunque, tendono a mangiare in un ridotto arco di tempo (ad esempio in un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e nelle stesse circostanze.
Le abbuffate sono accompagnate dalla sensazione di perdita di controllo, per cui la persona sente di non riuscire a smettere di mangiare o monitorare cosa e quanto si sta mangiando.
Spesso chi soffre di bulimia tende a mettere in atto delle condotte che servono a compensare l’abbuffata per dare un argine al senso di colpa che si prova per aver mangiato una quantità di cibo non prevista e per prevenire l’aumento del peso corporeo. Le condotte compensatorie possono essere diverse, come il vomito autoindotto, l’abuso di medicinali lassativi e diuretici, il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo.
Le conseguenze sull’organismo delle abbuffate e delle condotte compensatorie, in questa patologia, sono tante e possono essere anche particolarmente gravi, poiché vengono coinvolti molti apparati ed organi corporei. Si possono avere problemi cardiaci (ad esempio aritmie), patologie dell’apparato gastrointestinale (come ad esempio perforazioni dell’esofago, lacerazioni gastriche, pancreatiti), disidratazione e perdita di massa ossea.
Ci troviamo, dunque,dinnanzi ad una patologia complessa e dalla vasta portata che provoca grande sofferenza alla persona che ne soffre e ha delle gravi conseguenze per la sua salute psichica e fisica.
Èimportante sottolineare che non è necessariamente la sensazione della fame a dare l’avvio alle abbuffate: come nella maggior parte dei disturbi psicologici, il segno visibile, sta al posto di qualcos’altro di cui ne è rappresentazione. Allora si può dire che nella bulimia, più che essere la fame il motivo che porta all’abbuffata, è la percezione di una sensazione di “vuoto” interiore che porta alla necessità di abbuffarsi: il cibo è il mezzo attraverso il quale allora si cerca la soddisfazione di una tensione interna, alla quale molto spesso non si possono dare altri nomi.
Nell’esordio di un disturbo di questo tipo certamente il rapporto con la propria immagine corporea gioca un ruolo importante: le persone bulimiche sono costantemente concentrate nel controllo del peso e della forma del proprio corpo. Proprio l’auto-imposizione di regole alimentari rigide esita poi in fallimenti che alimentano la spirale abbuffata-condotte compensatorie-abbuffate: un circolo vizioso, potenzialmente, senza fine.
In un disturbo alimentare quale la bulimia spesso anche il modo di essere e stare in contatto con le proprie sensazioni ed emozioni e di poterle esprimere gioca un ruolo importante: il cibo in questo senso diventa un “regolatore”.
Èimportante non sottovalutare questo tipo di disturbi che sono causa per la persona che ne è affetta di grande sofferenza. Èalterato il rapporto con se stessi come anche quello con gli altri, dai quali ci si deve nascondere. L’ausilio di uno psicologo, in questo caso, può essere di grande aiuto poiché può consentire alla persona di “ricucire gli strappi” che si sono generati nel rapporto con se stessa. Allo stesso tempo può essere utile accompagnare l’intervento psicologico ad uno nutrizionale.
Per maggiori informazioni o approfondimenti: La psicologia di “Controluce”: i suggerimenti delle esperte contro il “disagio del sé”