Pubblicato il: 03/02/2016 alle 09:39
Da stamani, duecento lavoratori del petrolchimico di Gela, con le bandiere dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, presidiano gli ingressi dell'aeroporto “Pio La Torre” di Comiso, per richiamare l'attenzione del governo nazionale sulla “vertenza Eni”. In uno striscione i motivi della loro protesta e l'appello al governo: “1500 lavoratori dell'indotto Eni sono a casa, Matteo, aiutaci! Lavoro adesso!”. Le maestranze della raffineria gelese, dopo 16 giorni di scioperi, blocchi stradali e manifestazioni, hanno così deciso di portare fuori dalla provincia nissena la loro protesta.
“Noi non ci fermeremo – hanno detto i segretari sindacali, Ignazio Giudice, Emanuele Gallo e Maurizio Castania – perchè l'Eni e la politica, finora troppo sorda, hanno il dovere di darci le risposte vitali per l'economia di questo territorio”. I lavoratori chiedono il rispetto dei patti sottoscritti col protocollo d'intesa del novembre 2014 sulla riconversione “green” della raffineria di Gela e sulle bonifiche ambientali ma temono che quell'accordo sia diventato una scatola vuota, perchè a distanza di 14 mesi non sono ancora partiti i lavori di riqualificazione e le ricerche petrolifere per cui Eni ha stanziato 2,2 miliardi di euro, mentre gli operai dell'indotto, fermo da tre anni, restano disoccupati e senza ammortizzatori sociali. Una proroga straordinaria di tre mesi della cassa integrazione in deroga è stata decisa la scorsa settimana al ministero dello sviluppo economico ma Cgil, Cisl e Uil la considerano solo “un pannicello caldo”. Sollecitano Renzi, Crocetta e l'Eni per un'apertura immediata dei cantieri e la firma all'accordo di programma tra governo centrale, Regione Sicilia e parti sociali, riguardante un nuovo piano industriale per il futuro sviluppo di Gela. Un apposito confronto è stato fissato per il 18 febbraio al Mise, dopo gli incontri preliminari tenuti lunedì e martedì a Palermo.